Aggiornato il 4 Maggio 2023
Il Lavoro a chiamata è un contratto di lavoro anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi del proprio settore. Il contratto potrà essere anche a tempo indeterminato.
In alcuni casi sono previsti dei limiti temporali al superamento dei quali si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato
La durata contrattuale massima è di 400 giorni suddivisi in modo anche discontinuo nell’arco di tre anni solari. A questo principio generale sono previste delle deroghe come nel caso di specifici settori che per loro natura sono stagionali per definizione come quelli nel seguito:
- turismo
- pubblici esercizi
- spettacolo
Per questi settori il limite massimo di durata contrattuale non può eccedere i 400 giorni spalmati in un arco di tre anni solari
Le principali caratteristiche
Nel seguito le più importanti caratteristiche di questa nuova tipologia contrattuale:
- Il datore di lavoro deve (non può) chiamare il lavoro in modo discontinuo. Se non lo facesse dovrebbe vigilare sui termini per non ricadere nell’ambito di applicazione del contratto di lavoro subordinato per non rischiare l’assunzione involontaria del lavoratore;
- La continuità dell’attività lavorativa non può essere di durata superiore a trenta giorni;
- I lavoratori devono avere meno di 24 anni. Per meno 24 anni devono intendersi 23 anni e 364 giorni (anche stipulato il giorno prima del compimento dei 24 anni si potrà lavorare fino al massimo fino al compimento del 25esimo anno di età) o con più di 55 anni;
- Le giornate di lavoro nell’arco di un triennio solare devono essere massimo 400 a meno che non si parli dei settori del turismo, pubblici esercizi (esempio bar o negozi) e nel settore dello spettacolo;
- Sono escluse le pubbliche amministrazioni (vedi elenco pubbliche amministrazioni)
- non si applicano le norme relative al nuovo contratto di lavoro a tempo determinato
- anche i pensionati over 55 potranno accedere al contratto di lavoro a chiamata intermittente
Chi può lavorare con il lavoro a chiamata
Prima di tutto è necessario sapere che non tutti possono svolgere attività lavorativa con la formula del lavoro a chiamata primo tra tutti il requisito anagrafico che consente di utilizzare questa formula contrattuale solo i giovani di età inferiore ai 24 anni di età o superiore ai 55 anni (anche nel caso in cui siano già pensionati). Nel caso in cui il 24esimo anno di età sia stato compiuto il lavoro potrà essere svolto fino al giorno prima del compimento del 25esimo anno.
Esclusioni dal Job on Call
Non sarà possibile ricorrere al Job On call nei casi in cui si intenda sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero oppure presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 per la stessa attività di cui oggi si richiede l’assunzione del lavoratore intermittente. Stesso discorso nel caso della sospensione del lavoro o trattamento di cassa integrazione.
Sono escluse anche le imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi aziendali secondo la nuova disciplina sulla salute e della sicurezza dei lavoratori.
Per quali attività è possibile fare ricorso al contratto di Lavoro a chiamata
Alcuni lavori non sono ammessi alla qualficazione contrattule secondo la forma del lavoro intermittente così come indicato nella tabella allegata al Regio Decreto 2657/1923 nella tabella allegata che ne identifica moltissime ma sempre fermi poi i contratti collettivi nazionali cosa disciplinano per ciascuna singola tipologia. Per cui da una parte vi consiglio di andare alla fonte ma sempre verificando cosa dice poi il vostro contratto collettivo nazionale di appartenenza. E così ecco per esempio alcune attività che possono essere inquadrate come il commesso o addetto alle vendite, i bagnini negli stabilimenti balneari, gli archivisti, magazzinieri, installatori per fiere o manifestazioni , spettacoli e congressi, centralinisti telefonici privati per i call center o gli addetti alle pompe funebri o i per il personale di servizio e di cucina per gli alberghi.
Sono definite da apposito decreto le attività che possono essere svolte con lavoro intermittente o a chiamata
- Custodi.
- Guardiani diurni e notturni, guardie giudiziarie.
- Portinai.
- Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono un’applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti. L’accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un’occupazione a carattere continuativo è fatta dall’Ispettorato del lavoro.
- Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e piroscafi, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
- Pesatori, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.
- Personale addetto all’estinzione degli incendi.
- Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità.
- Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.
- Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.
- Sorveglianti che non partecipano materialmente al lavoro.
- Addetti ai centralini telefonici privati.
- Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni dell’assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall’Ispettorato dell’industria e del lavoro, previo parere del medico provinciale.
Condizioni da rispettare
Definizione del contratto di lavoro intermittente
Possiamo definire il contratto di lavoro intermittente come quel contratto con cui un soggetto eroga prestazioni di lavoro ad un altro soggetto per un periodo non continuativo ed anche a tempo determinato. Ulteriore requisito deve essere quello della discontinuità della prestazione in quanto altrimenti si verrebbero configurare i presupposti di lavoro a tempo indeterminato, cosa che si sa il datore di lavoro vuole evitare accuratamente se sceglie di utilizzare il job on call.
Quando una prestazione si considera discontinua o intermittente
L’attività lavorativa fornita al datore di lavoro si considera discontinua o intermittente quando è soggetta ad interruzioni anche all’interno dello stesso contratto sotto condizione che la durata non coincida con con quella dell’attività lavorativa prestata. Il contratto di lavoro a chiamata non potrà avere ad oggetto comunque più di 400 giornate di lavoro nell’arco di tre anni solari, eccetto i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Impossibilità di utilizzo del lavoro a chiamata
Il lavoro a chiamata non potrà essere utilizzato da imprese che non sono in regola con la valutazione dei rischi relativi alla sicurezza sul lavoro. In alcuni casi esplicitamente individuati come per esempio per la sostituzione di lavoratori che sono in sciopero o peer lavoratori che sono stati oggetto di licenziamento collettivo o sospensione o riduzione dell’attività. Per verificare tutte le fattispecie basta consultare comunque l’articolo 34 del D.Lgs 274 del 2003.
L’indennità di disponibilità riconosciuta al lavoratore intermittente
Questo contratti di lavoro prevedono in cambio della disponibilità e della maggiore flessibilità il fatto che il lavoratore per i periodi in cui resta senza non operativo ma disponibile anche se non è obbligatorio da parte del datore di lavoro prevederlo o meno nel contratto. Diciamo comunque che laddove sia previsto un obbligo da parte del lavoratore di restare a disposizione ossia di rendersi disponibile in caso di chiamata allora il datore di lavoro dovrà concedergli l’indennità economica di disponibilità che è disciplinata dai CCNL ovvero, laddove non vi fosse stata disciplinata per quella tipologia di lavoro, definita all’interno del Decreto Ministeriale del 10 marzo 2004 in misura non inferiore al 20% della retribuzione, per il periodo in cui il lavoratore resta in attesa della chiamata.
I diversi nomi con cui oggi si identifica una prestazione occasionale potrebbe ingenerare confusione tuttavia ecco qui che forniamo i primi importanti chiarimenti per non essere colti alla sprovvista quando vi propongono o quando dovete utilizzare la prestazione occasionale. I nomi che utilizzano per la medesima fattispecie sono i seguenti:
- Lavoro a chiamata (per quelli che vanno sulla sostanza) riferimento Decreto legislativo del 15/06/2015 n. 81 diverso dalla prestazione occasionale anche se simile
- Job on Call (per gli amanti dell’inglese) Decreto legislativo del 15/06/2015 n. 81 – diverso dalla prestazione occasionale anche se simile
- Prestazione occasionale (per i tradizionalisti)
- Lavoro occasionale (come sopra)
- Contratto PrestO (per gli amanti dello scriviamolo strano)
- Nuovi Voucher (per chi ancora vorrebbe tanto i vecchi voucher ….chissà perchè?!? :-))
Come farne richiesta e adempimenti amministrativi
È stato previsto inoltre una modalità di comunicazione preventiva obbligatoria per coloro che si avvalgono di lavoratori a chiamata da presentare mediante indirizzo di posta elettronica certificata (che dovete avere perché ormai è obbligatoria) all’indirizzo intermittenti@mailcert.lavoro.gov.it oppure andando direttamente on line sul sito www.cliclavoro.gov.it.
L’obbligo di comunicazione potrà essere assolto tramite app o anche inviando un sms al numero 339.9942256 per comunicare i dati relativi alla chiamata e il codice fiscale del lavoratore (in questo caso però, la comunicazione dovrà avvenire almeno 12 ore prima l’inizio dell’effettiva prestazione).
Modalità innovativa breve di comunicazione
Viene anche prevista a possibilità di inviare mediante SMS o tramite FAX il codice fiscale di chi si intende assumere nelle 12 ore successive l’invio ma sempre identificandosi prioritariamente sul sito www.cliclavoro.gov.it.
Vi consiglio anche di leggere la circolare n. 20 del 2012 del Ministero del Lavoro.
Dimenticavo… il contratto deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità e deve contenere alcuni elementi minimi: in estrema sintesi i diritti ed i doveri delle controparti.
Quando il lavoro intermittente si trasforma in lavoro a tempo indeterminato
Prima di tutto deve essere verificato il mancato superamento del ricorso al lavoro intermittente che non deve superare le 400 giornate durante il periodo di tre anni solari tenendo conto solo delle giornate di lavoro effettivamente svolto per singolo lavoratore altrimenti il contratto diviene automaticamente a tempo pieno ed indeterminato in quanto altrimenti il ricorso a questo strumento flessibile sarebbe eccessivo.
Il trattamento economico del lavoratore intermittente non deve essere inferiore a quello di un suo pari livello considerando le mansioni svolte parametrando naturalmente il carico contributivo e fiscale, ferie, permessi, retribuzione, trattamenti per malattie e/o infortuni ecc alle giornate di lavoro effettivamente svolte. Il Legislatore ha indicato non solo il limite mino in termini di età previsto per l’assunzione con questa tipologia di lavoro ma altri casi che sono definiti dai contratti collettivi nazionali del lavoro e altre ipotesi in cui non è possibile farlo.
Sostituzione di lavoratori che sono in sciopero altrimenti l’effetto dello sciopero sarebbe vanificato.
Non potrà essere utilizzato il lavoro intermittente per sostituire lavoratori di imprese che nei sei mesi precedenti hanno effettuato licenziamenti collettivi, sospensioni o riduzioni di orari di lavoro in base agli articoli 4 e 24 della Legge 223 del 1991 nella stessa funzione aziendale a meno che non ci sia l’accordo sindacale.
Inoltre le imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ex DLgs 81 del 2008. Vi indico poi alcune circolari che possono aiutarvi nella maggiore comprensione dello strumento soprattutto per quei lavoratori assunti che potrebbero trovarsi in situazione di sfruttamento o di lesione dei propri diretti senza saperlo. Faccio riferimento alle circolari del Ministero del lavoro numero 20 del 2012 oppure la circolare 35 del 2013. Per i datori di lavoro invece ricordo gli obblighi dichiarativi che devono essere posti in essere prima del primo giorno di lavoro ossia della chiamata del lavoratore intermittente per la sanzione che può andare dal 400 a 2.400 euro per ciascun lavoratore.
Chiarimenti
Assenza di un CCNL di riferimento
In assenza di un CCNL di riferimento si farà ricorso alla normativa principale di rango superiore inserita nel Decreto Ministeriale del 23 ottobre 2004.
La fonte normativa del lavoro discontinuo affonda le sue radici nel Regio Decreto n. 2567 del 1923 !
Elementi del contratto
Nel seguito uno schema di struttura del contratto con gli elementi costitutivi ed obbligatori del contratto in assenza dei quali la posizione del datore di lavoro potrebbe compromettersi ed esporlo ad impugnazioni o cause.
- dati anagrafici dell’azienda e del lavoratore
- la durata contrattuale
- elenco dettagliato delle mansioni da svolgere
- inquadramento
- il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa
- preavviso di chiamata non inferiore ad un giorno lavorativo
- retribuzione e normative di riferimento (su sicurezza, privacy, etc)
- importo dovuta per indennità di disponibilità
Divieto utilizzo lavoro a chiamata
E’ vietato il ricorso al lavoro intermittente:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si e’ proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso unita’ produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
- ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
- a) durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 13;
- b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
- c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
- d) forme e modalità, con cui il datore di lavoro e’ legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione;
- e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
- f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
2. Fatte salve le previsioni più’ favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
3. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro e’ tenuto a comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie.
Sanzioni
In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
Indennità di disponibilità
La misura dell’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, e’ determinata dai contratti collettivi e non e’ comunque inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale.
L’Indennità di disponibilità e’ esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
L’Indennità di disponibilità e’ assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
Malattia
In caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore e’ tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento, durante il quale non matura il diritto all’indennità di disponibilità. Ove non provveda all’adempimento di cui al periodo precedente, il lavoratore perde il diritto all’indennità per un periodo di quindici giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale.
Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e’ stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimento alla quale il lavoratore intermittente può versare la differenza contributiva per i periodi in cui ha percepito una retribuzione inferiore a quella convenzionale ovvero ha usufruito dell’indennità di disponibilità fino a concorrenza del medesimo importo.
Ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, il lavoratore intermittente e’ computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre
Principio di non discriminazione
Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello.
Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, e’ riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale.
Come richiederlo
Per l’utilizzo del lavoro deve essere effettuata una comunicazione preventiva al ministero del Lavoro attraverso il modulo informatico Uni-Intermittente oppure tramite email scrivendo all’indirizzo intermittenti@pec.lavoro.gov.it oppure attraverso l’identificazione al sito www.cliclavoro.gov.it. dove troverete anche la possibilità di utilizzare il FAX.
Novità 2017
Il lavoro intermittente richiede, indipendentemente dalla lunghezza del periodo continuo di lavoro l’interruzione (anche per lunghi periodi) della prestazione lavorativa e può essere utilizzato solo con persone con oltre di 55 anni di età o meno di 24 anni di età e non potrà essere usato in aziende dove nei sei mesi precedenti si siano verificati licenziamenti collettivi o sospensioni di lavoro o anche riduzione dell’attività con integrazioni salariali
Riferimenti normativi
Legge n. 9 del 2012 (Riforma Fornero)
Decreto Legge n. 76 del 2013 (Decreto Lavoro)
Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (Legge Biagi)