Aggiornato il 28 Aprile 2023
In tema di IVA si precisa che è da considerare commerciale l’attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta da associazioni ricreative e culturali senza fini di lucro, nei confronti di propri soci contro un corrispettivo specifico. La legge 16.12.1991, n. 398, e la legge 30.12.1991, n. 417, hanno previsto per tali soggetti, previa opzione, un regime contabile semplificato.
Con nota del 29.11.1994, la Confederazione Italiana degli Esercenti e Commercianti delle attività del terziario del turismo e dei servizi, ha chiesto se si possono considerare commerciali le attività di somministrazione di alimenti e bevande svolte da associazioni ricreative e culturali nei confronti dei soci all’interno delle proprie sedi e se, di conseguenza, sussiste un obbligo di tenuta dei registri I.V.A..
Il primo quesito non può essere risolto se non in senso affermativo, poiché le associazioni ricreativo-culturali non aventi fini di lucro, pur se annoverate dalla normativa vigente tra gli enti non commerciali (art.87, primo comma, lett.c) del T.U.I.R. approvato con D.P.R. 22.12.1986, n.917), possono svolgere oltre alla loro attività principale, che è quella statutaria la quale persegue il raggiungimento dei fini propri delle associazioni, anche altre differenti attività tra le quali, ad esempio, quella di somministrazione dietro corrispettivo di pasti e/o bevande all’interno delle sedi sociali, attività questa indubbiamente collaterale e secondaria rispetto alla menzionata attività statutaria. Tale attività collaterale, avendone manifestamente la natura, è certamente da considerarsi commerciale come si è già avuto modo più volte di chiarire e da ultimo, con la nota del 15 ottobre 1994 n.VI-12-166/94 di questa Direzione Centrale diretta alla Prefettura di Firenze.
Circoli cattolici con slot machines che vendono alcolici e tabacchi, che si rifiutano di fare gli scontrini perche “senza scopo di lucro, i muri son della chiesa”:D