Prima di giungere a parlare del licenziamento spesso si passa per il classico richiamo del datore di lavoro veicolato dall’ufficio del personale che può essere motivi disciplinari o per errori o omissioni sul posto di lavoro a cui possono seguire delle sanzioni diverse.
Concetti chiave da sapere
Fissiamo fin da subito alcuni concetti chiave nell’ambito delle sanzioni per motivi disciplinari per ragionare meglio a seconda delle singole fattispecie che si possono presentare in concreto. La misura della sanzione varia in misura della gravità del fatto commesso. Il dipendente nei confronti con cui firma un contratto di lavoro con la propria società ha un dovere di diligenza, obbedienza e fedeltà.
Il datore di lavoro deve tuttavia garantire al lavoratore il legittimo diritto alla difesa rispetto ad eventuali sanzioni.
Per fatto commesso può anche intendersi una omissione o anche solo il fatto di non aver denunciato un illecito o una omissione. Logico che ci stiamo muovendo in un campo molto complesso in cui le fattispecie possono essere innumerevoli. Logico anche pensare che laddove vi sia in ballo la sicurezza del dipendente o di altri dipendenti o lavoratori anche solo un comportamento omissivo può avere profili di rilievo penale.
Qui ci occupiamo delle marachelle o dei motivi che possono portare a delle sanzioni disciplinari. Basti pensare al dipendente che è solito andare su facebook o chatta tutto il giorno o utilizza la propria dotazione hardware o software per fini personali. In molti casi vanno anche a vedere le donnine.
A fronte di questo lo Statuto dei lavoratori consente al datore di lavoro di applicare delle sanzioni disciplinari al dipendente. Le sanzioni non variano al variare della tipologia di contratto sia questo a tempo determinato o indeterminato.
La normativa di riferimento è contenuta nella Legge n. 300/1970 e più precisamente nell’articolo 7 che recita:
Sanzioni disciplinari
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Come potete vedere esistono quindi delle modalità che il datore di lavoro deve adottare per contestare il comportamento del dipendente.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro
Multa per motivi disciplinari
Lo Statuto del lavoratore e la Legge legge 15 luglio 1966, n. 604 accordano al datore di lavoro la possibilità di applicare delle sanzioni pecuniarie, per cui in denaro. Queste però non possono essere al di sopra di un determinato limite. La multa infatti non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
La contestazione deve essere effettuata per iscritto. Può anche essere effettuato un richiamo verbale anche se questo non può essere effettuato prima del decorso di 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che ha causato il rimprovero.
In sintesi per dare un chiarimento su come avviene in pratica: prima si verifica il fattaccio commesso dal dipendente, poi il datore di lavoro deve contestarlo per iscritto. Il dipendente può farsi assistere da un legale o da un membro del sindacato. Il datore di lavoro, trascorsi 5 giorni può anche richiamarlo verbalmente.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
I contratti collettivi possono anche derogare a queste previsioni ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria.
Il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Entro quando devo contestare o denunciare il comportamento del dipendente
Purtroppo non ci sono riferimenti temporali precisi da parte del datore di lavoro che afferma che la denuncia del comportamento deve avvenire in modo tempestivo. Questo non significa di certo un anno possiamo ragionevolmente ritenere.
Importate da sapere anche che non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
Come contestare il comportamento o la condotta del dipendente scorretto
La Legge impone che il dipendente debba essere reso edotto ma non ci dice alcunché in merito alla forma da adottare. Tuttavia la prova dell’avvenuta conoscenza da parte del dipendente del richiamo o de licenziamento deve esserci per interesse della società e talvolta anche del dipendente in caso di impugnazione.
La prova dell’avvenuta notifica al dipendente può essere fornita con consegna a mano della lettera controfirmata che il dipendente non può non firmare. Altre forme possono essere una classica raccomandata A/R che non so se avete avuto modo di notare che costano quanto andare a cena fuori oramai. Altro metodo è la PEC anche se la stragrande maggioranza delle persone ancora non la possiede. Consiglierei la consegna brevi manu.
Quali sono le cause per le sanzioni disciplinari
Esistono cause che sono immanenti in quanto derivante dallo statuto dei lavoratori ma esistono anche altre cause che possono portare all’applicazione di sanzioni che possono derivare dall’in applicazione anche solo di procedure interne aziendali riguardanti l’operatività o il rispetto delle procedure interne.
Possono aversi dei casi in cui si è soggetti a sanzioni per aver violato per esempio il famoso codice etico che, diciamocelo, in pochi leggono o conoscono in azienda. Tuttavia è bene sapere che anche se la società per cui lavorate non ha un codice etico ma ha un regolamento disciplinare questo deve essere affisso e accessibile a tutti.
Vi possono invece essere condotte sanzionabili per motive che afferiscono alla natura dell’attività svolta. Attività che sono disciplinare da apposite normative di settore per particolari motivi. Pensate ad un impianto di produzione o di smaltimenti di rifiuti tossici o di sostanze nocive.
Quali sanzioni si possono applicare al dipendente
Esistono diversi tipi di sanzioni che devono dipendere dalla gravita del comportamento adottato dal dipendente. Comportamento o fatti che devono essere provati qualora il dipendente non ammetta di averli commessi. Esistono due famiglia di sanzioni disciplinari che sono quelle conservative e quelle espulsive; le prime hanno la finalità di mantenere il dipendente presso l’azienda. Le seconde invece hanno la finalità di allontanare il dipendente dall’azienda per presta la propria attività in modo temporaneo o permanente.
Le sanzioni disciplinari conservative sono:
- il rimprovero verbale;
- l’ammonizione scritta;
- la multa;
- la sospensione dal lavoro;
- la sospensione dallo stipendio;
- il trasferimento ad altra sede di lavoro.Per l’approfondimento di queste due fattispecie vi rimando agli articoli ad hoc che trovate in calce a questo articolo. Sono due piccole guide gratuite che potete leggere e che contengono casi pratici o esempi più ricorrenti di licenziamenti.Come difendersiIl datore di lavoro potrà a quel punto ripensarci o stare alla finestra attendendo eventuali azioni difensive del dipendente. Queste ultime possono concretizzarsi nella promozione di un arbitrato o di una conciliazione presso la territoriale del lavoro territorialmente competente.Inutile dirvi che appena vi irrogano un provvedimento chiamate immediatamente un avvocato o sentite il sindacato se siete iscritti.
- Questa seconda strategia difensiva deve però essere promossa entro 20 giorni dall’applicazione della sanzione da parte del datore di lavoro.
- Il dipendenti può accettare la sanzione o può impugnare il provvedimento disciplinare. Consiglio sempre a quel punto di contattare prontamente un avvocato del lavoro in quanto si hanno pochi giorni di tempo a disposizione. Più precisamente ha solo 5 giorni dal ricevimento del provvedimento (salvo diversa previsione disciplinata dai contratti collettivi specifici per il settore) per produrre propri atti.
- Qui ci basta sapere che nel licenziamento per giustificato motivo soggettivo deve essere ci un preavviso pena l’inefficacia del licenziamento che varia in base al livello e agli anni di anzianità del dipendente.
- Per comportamenti più gravi esistono sanzioni più gravi come quelle espulsive che sono il licenziamento per giusta causa o anche il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
http://www.tasse-fisco.com/lavoro-dipendente/licenziamento-giusta-causa-oggettivo/13628/
Domande e Chiarimenti
Naturalmente potete sbizzarrirvi nella descrizione dei comportamenti più strani ce vi sono capitati per verificare se ci sono degli estremi o dei casi analoghi da condividere potrebbe essere sia utile e perché no, anche divertente…
Buonasera, sono responsabile commerciale da 10 anni in questa azienda. Ho dovuto andare a trattare con un cliente storico un aumento prezzi. In virtù del rapporto continuativo col cliente( 150.000€/annuo circa) , ho accettato la richiesta del cliente che mi accordava l’aumento nella misura del 50%.Si tratta di 2.000 euro, che in virtù di contratti futuri avrei recuperato. Il titolare della mia azienda non ha accettato la transazione o meglio, ha deciso di portare a termine la fornitura, ma mi ha detto chiaramente di fronte a testimoni, che la cifra di €. 2.000 mi verrà decurtata dallo stipendio. Il mio stipendio è costituito da paga base e incentivi gestiti come trasferte ed altro. Può lui trattenermi la cifra, magari togliendo voci come trasferta od altro?grazie
Grazie a lei. Per così poco, è stato un piacere
Grazie mille per la risposta. Seguirò il suo consiglio di rivolgermi ad un legale.
Cordiali saluti.
Certamente. Opterei prima di tutti per farmi assistere da un avvocato . In realtà a condotta omissiva e negligente in questo caso mi pare di aver compreso che non ha poi portato ad un vero e proprio danno nei suoi confronti. Tuttavia lei effettivamente non può conoscere i provvedimenti presi nei confronti del caposala….ammesso che ci siano stati :-)))))
Salve,
Io insieme a tre colleghe abbiamo avuto problemi con il caposala che una notte ci ha messo nel mese di agosto nella condizione di lavorare con una collega risultata positiva al sierologico, che gli é stato comunicato da lui mentre questa montava il turno. Inutile dire che ne é nata una discussione sulla inconvenienza di tenere la collega a lavorare ma lui inamovibile ci ha detto farla finire sul turno isolata da noi (dopo nostro suggerimento, visto l’ordine perentoria) e poi dirigersi al PS per tampone. La ragazza risultata positiva, le colleghe che erano con me eseguono tamponi che risultano negativi. Io invece che iniziavo vacanze con tanto di viaggio aereo all’estero non vengo nemmeno messo al corrente, nonostante avessi avuto una telefonata “chiarificatrice” da parte mia col Caposala nel pomeriggio dell’indomani del fattaccio. Rientro a settembre al lavoro e vengo a conoscenza della positività della ragazza. Faccio un reclamo ufficiale alla direzione con tutti i dettagli richiedendo un incontro con tutti coinvolti nella faccenda: infermieri in turno quel giorno, Caposala, Responsabile Uff. Personale, Responsabile Medicina del Lavoro, Direttore Sanitario.
Giorno dell’incontro mi ritrovo solo Responsabile Uff. Personale, Segretaria Amm. E Direttore Sanitario, che tirando le somma mi ringraziano per non volere portare la problematica in altre Sedi (Giudiziaria) e per aver messo i evidenzia una falla nel sistema, e soprattutto negano aver mai dato ordini al Caposala di agire in quel modo, e mi dicono aver preso dei provvedimenti nei suoi confronti, ma che sono secretati in rispetto alla legge sulla privacy.
Due miei dubbi:
Ho diritto a conoscere i provvedimenti presi nel confronto del Caposala?
Sono ancora in tempo ad avviare un procedimento giudiziario?
Grazie
Cordiali saluti