Il Decreto Rilancio ha introdotto una serie di novità tra cui anche la possibilità di beneficiare di un credito di imposta pari al 60% del canone di affitto mensile pagato e limitatamente ad alcune tipologie di immobili. Nel seguito fornisco una serie di chiarimenti in particolare modo diretti a dirimere alcuni dubbi interpretativi rispetto alla possibilità per coloro che svolgono attività professionale dentro studi medici in affitto o attività intra moenia. Vediamo quindi di fare una sintetica analisi del caso e dare una soluzione univoca.
Il Decreto Rilancio 2020 ha introdotto una agevolazione fiscale diretta a contrastare gli effetti derivante dalla pandemia e più precisamente l’articolo 28 prevede che i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione e di lavoro autonomo titolari di partita IVA possono beneficiare di un credito d’imposta sui canoni di locazione di immobili ad uso non abitativo e strumentali alla propria attivi.
Il credito spetta a patto che i ricavi e i compensi dell’anno precedente siano stati inferiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente. Questo requisito lo menziono anche se posso immaginare che la maggior parte di voi si collocherà al di sotto della soglia dei ricavi.
L’immobile deve essere destinato allo svolgimento della propria attività. Sono dell’avviso che al di là della classificazione catastale rilevi anche la destinazione per cui immobili abitativi adibiti promiscuamente all’attività di lavoro autonomo o professionale possano beneficiare dello stesso credito di imposta ma prendendo come base il 50% del canone di affitto. Questa interpretazione troverebbe conferma anche nello stesso regime di detrazione dei costi previsti per la stessa tipologia di beni immobili adibiti promiscuamente alla propria attività.
Quanto vale il credito di imposta
Il beneficio vale il 60% del canone di affitto mensile per cui fatto 1.000 il costo dell’affitto il credito di imposta sarà pari a 600.
Il calcolo deve essere effettuato prendendo come base di importo i canoni di affitto pagati a marzo, aprile, maggio e giugno.
Canoni di affitto studi medici, laboratori, ambulatori
Il Bonus affitti può essere sfruttato da tutti i titolari di reddito di impresa per cui anche ditte individuali e società di persone e non solo da liberi professionisti. A tal proposito è stato chiarito dall’agenzia delle entrate nella circolare n. 25 del 2020 che il credito imposta è stato esteso non solo agli studi medici professionali che operano privatamente ma ma anche a quelli che esercitano attività in regime intramoenia.
Il dubbio nasceva dal fato che questi ultimi non sono titolari di una partita Iva pur tuttavia sostenendo dei costi per l’affitto dello studio. A tal proposito l’agenzia delle entrate ha chiarito che: ” l’articolo 50, comma 1, lettera e), del TUIR qualifica come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente «i compensi per l’attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, del personale di cui all’articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e del personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, )nei limiti e alle condizioni di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 23 dicembre 1996, n. 662».
Con questo vuole dire in sintesi che i ricavi, compensi e fatturato derivante da attività resa in regime di intramoenia sono assimilati a quelli di lavoro dipendente se rese nel rispetto della disciplina amministrativa dettata dall’articolo 72 della legge 23 dicembre 1998, n.
Come chiarito con la circolare 25 marzo 1999, n. 69, i redditi conseguiti dai dirigenti sanitari per l’attività intramoenia esercitata presso studi professionali privati, a condizione che la stessa sia prestata in conformità alla normativa sanitaria e ai regolamenti aziendali, rientrano tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente così come previsto dall’articolo 50, comma 1, lettera e), del TUIR.
In particolare, ai sensi dell’articolo 52, comma 1, lettera a-bis), del TUIR, i compensi percepiti dal personale dipendente del Servizio sanitario nazionale per l’attività libero-professionale che operano in regime di intramuraria presso studi professionali privati, a seguito di autorizzazione del direttore generale dell’azienda sanitaria, costituiscono reddito nella misura del 75 per cento.
La norma prevede, quindi, un abbattimento forfetario del 25 per cento dei compensi percepiti, al fine di tener conto e compensare le spese sostenute dal medico per svolgere l’attività esternamente (costi di gestione vari, telefono, luce, acqua, gas, ecc).
I soggetti che svolgono l’attività intramoenia, in conformità alla disciplina amministrativa fissata dal Ministero della Salute e che, pertanto, come sopra chiarito, sono inquadrabili tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, non hanno alcun obbligo di richiedere l’attribuzione del numero di partita Iva.
Conclusione
Ciò premesso, con riferimento al quesito posto, l’attività di intramoenia esercitata presso gli studi professionali privati, nel rispetto della normativa sanitaria e dei regolamenti aziendali, rientrando tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi del citato articolo 50 del TUIR, non può beneficiare del credito di imposta previsto dall’articolo 28 del Decreto che non contempla tale tipologia di attività
come da circolare che per completezza vi riporto qui di seguito: