L’allarme “caro mutui” serpeggia sui giornali e molte persone in procinto di comprare casa si fanno prendere dal panico. Ma è davvero il caso di spaventarsi? Secondo Stefano Grassi, presidente di Affida, una corretta conoscenza del fenomeno tassi di interesse sui mutui è un primo passo verso la ricerca di una buona soluzione. Ecco quindi una guida relativa ai tassi sui mutui: cosa sono, come funzionano, perché aumentano e come fare per ottenere comunque un mutuo conveniente.
Qual è oggi la situazione dei tassi di interesse sui mutui?
Partiamo da qualche punto fermo: il tasso di inflazione è salito alle stelle in pochi mesi (un anno fa era pari a 1,3%, a dicembre 3,1% e oggi 8%), per effetto – inizialmente – della difficoltà nel reperimento delle materie prime a causa degli strascichi della pandemia, e poi per la crisi energetica che era già latente, degenerata ulteriormente con l’attacco della Russia all’Ucraina. I tassi di interesse però sono stati ai minimi storici di sempre da ormai 8/10 anni.
Partiamo dalle basi: cosa sono i tassi di interesse?
Sono il prezzo della merce denaro. Le banche lo comprano all’ingrosso e lo rivendono al dettaglio, a privati e imprese. Il prezzo all’ingrosso è il tasso di riferimento della BCE, Banca Centrale Europea. Ossia il prezzo al quale questa presta il denaro alle banche.
Cosa sono invece Eurirs ed Euribor?
Rispettivamente sono il prezzo al quale le banche si scambiano denaro per un periodo di tempo prefissato e il tasso medio ponderato, calcolato giornalmente, al quale le banche europee effettuano quotidianamente le loro transazioni finanziarie. L’Eurirs viene preso come parametro di rifermento per i mutui a tasso fisso che le banche erogano alla clientela, l’Euribor per i mutui a tasso variabile. Ecco perché, ad esempio, si parla di Eurirs a 1, 10 o 20 anni e di Euribor a 1, 3 o 6 mesi. Ovvio che per il fisso la duration è più lunga e si misura in anni, altrimenti non sarebbe sensato fissare un prezzo per un periodo breve.
Cosa è invece lo spread bancario?
A loro volta le banche “commerciali” rivendono il denaro a privati e imprese applicando un mark-up, un margine, un guadagno, che si chiama spread e che si aggiunge all’Eurirs o all’Euribor a seconda che il contratto di finanziamento tra banca e cliente sia regolato dal tasso fisso o dal variabile.
Perché le banche hanno bisogno di comprare denaro pagando un interesse?
Perché è vero che le banche fanno raccolta e impiego; in particolare raccolgono denaro tramite conti correnti, conti deposito e conti titoli e poi reinvestono il denaro per ottenere rendimento. Ma se si limitassero a impiegare i denari raccolti e investiti, innanzitutto dovrebbero limitare gli impieghi fino al limite della raccolta disponibile, secondariamente si esporrebbero al rischio di non avere disponibilità qualora i clienti investitori volessero indietro parte o tutto dei loro soldi e al rischio ancora maggiore di vedere depauperata parte della raccolta stessa, per effetto di eventuali default (insoluti) dei mutui e finanziamenti erogati. Ecco perché le banche devono approvvigionarsi di denaro sul mercato cosiddetto interbancario, ovvero direttamente dalle Banche Centrali.
Perché i tassi Bce salgono o scendono?
Scolasticamente potremmo dire che la manovra sul tasso serve per gestire l’equilibrio tra inflazione e crescita. Il tasso di riferimento della BCE viene deciso dalla stessa Banca Centrale Europea la quale – attraverso decisioni di politica monetaria (così si chiamano le manovre sul tasso) – stabilisce se e quando aumentarlo o diminuirlo e di quanto; oppure se lasciarlo stabile. Il tasso della BCE stato pari a 0,00% da marzo 2016, fino a due giorni fa quando l BCE lo ha aumentato di 50bp.
Perché? Perché è come se la BCE avesse le mani su un rubinetto: aumentare il tasso serve a contenere l’inflazione. Il rovescio della medaglia è che in questo modo si rischia di rallentare la crescita, perché se i tassi aumentano le aziende si indebitano meno volentieri e di conseguenza fanno meno investimenti, dunque produrranno meno e anche l’occupazione diminuirà, con la conseguenza di un abbassamento dei consumi e quindi dei prezzi (ecco perché si contiene l’inflazione, attraverso la deflazione, ossia prezzi in discesa).
Per converso, abbassare il tasso fa sì che nel medio termine la crescita aumenti e si allontani lo spettro di una crisi economica (decrescita). Il tasso basso infatti spinge le imprese a indebitarsi, dunque a investire, perciò ad assumere personale e produrre di più. La conseguenza è che ci sono più merci sul mercato, ci sono maggiori disponibilità perché c’è occupazione nuova che genera maggior domanda e dunque maggiori consumi, il che – però – fa aumentare i prezzi (inflazione). Dunque la manovra monetaria, alias agire su questo rubinetto, fa sì che la BCE possa gestire l’equilibrio tra crescita e inflazione.
Cosa succederà ai tassi di interesse Bce nel 2022?
Non tutto fila sempre così liscio come spiegato sopra. Quando ci sono eventi straordinari come una pandemia o una guerra che sconvolga gli equilibri mondiali e quando due eventi di così vasta portata si presentano uno di seguito all’altro senza soluzione di continuità, se non addirittura con sovrapposizioni, avviene che possa generarsi un’accelerazione di quel processo sequenziale descritto sopra e si determini un fenomeno teoricamente impossibile ma praticamente in corso : la stagflazione, ossia un periodo di recessione (decrescita, o crisi che dir si voglia) accompagnato dall’inflazione.
Questo paralizza la possibilità di manovra della BCE: se aumenta il tasso per contenere l’inflazione, rallenta la ripresa che è indispensabile per uscire dalla recessione. Se abbassa il tasso per alimentare la crescita economica e uscire dalla crisi, rischia di alimentare ulteriore inflazione. Dunque la BCE nel 2022 dovrà capire quanto questa inflazione straordinaria perdurerà e senza dubbio cercherà di contenere, per quanto possibile, l’aumento dei tassi, per consentire all’economia di rafforzarsi ancora un po’. E introducendo lo scudo anti spread cerca di compensare gli effetti negativi dell’aumento dei tassi su famiglie e imprese.
Cosa succede invece ai tassi dei mutui nel 2022?
Il fatto che il tasso BCE possa variare non determina automaticamente una proporzionale instabilità dei tassi interbancari Eurirs ed Euribor, i quali – infatti – pur risentendo indirettamente delle manovre di politica monetaria, vivono anche di vita propria. Per adesso in particolare, se non quasi esclusivamente, il tasso Eurirs a 20 anni, che da inizio anno è passato da 0,60% a 1,99. Mentre l’Euribor a sei mesi che è attualmente 0,635% era -0,54% ai primi dell’anno.
Nonostante siano aumenti ancora contenuti rispetto a qualche anno fa, questo fa sì che sul mercato dei mutui ci sia un’inversione di tendenza: è finita l’era del tasso fisso. Un periodo durato almeno 4/5 anni, nel quale la forbice tra tasso fisso e tasso variabile – storicamente di almeno 2 punti percentuali – è stata praticamente prossima allo zero. E dunque non avrebbe avuto alcun senso contrarre un mutuo a tasso variabile. Una situazione, anche questa, anomala, se non paradossale, come lo è stato (e lo è tutt’ora per quanto attiene l’Euribor) il fatto che i tassi interbancari di riferimento fossero (o siano) negativi.
Come scegliere il miglior mutuo in questa situazione?
Intanto occorre non farsi prendere dal panico: non si può dire che i tassi dei mutui siano alle stelle. I tassi infatti, ancorché in aumento, sono ancora tra i più bassi di sempre. Nel 2007, i tassi di riferimento erano questi: Euribor : 2,8% (contro lo 0,635% di ora) ed Eurirs : 3,5% (verso l’1,99% di adesso). Senza considerare gli spread bancari applicati, mediamente più alti di oggi. Eppure ciò non ha impedito alle compravendite immobiliari di raggiungere i massimi storici (810.000), e lo stesso alle erogazioni dei mutui (70 miliardi). Nonostante i tassi veramente alti tutti correvano a comprare casa indebitandosi!
Allora è ancora il momento di comprare casa con un mutuo nel 2022?
Ancora oggi la casa è un bene sul quale assolutamente vale la pena investire, giacché dopo la crisi del 2008 – che provocò una rapida discesa dei prezzi – i valori sono rimasti pressoché invariati, se non in aumento, soprattutto nelle grandi città come Milano. Dunque la casa è un acquisto da fare, sia per viverci, sia come investimento. Fermo restando che la diversificazione di un patrimonio sia sempre la scelta migliore.
Anche il mutuo conviene sempre, in quanto i tassi, sebbene in risalita, sono ancora a livelli risibili. Per giunta si può ancora approfittare, finche sarà possibile, della garanzia statale Consap, la concessionaria dei servizi assicurativi pubblici del MEF, che sostiene il rischio delle banche e consente ai privati e alle imprese di accedere più agevolmente al credito.
Mutuo a tasso fisso o variabile, cosa conviene oggi?
Senza dubbio un tasso variabile per il mutuo casa, magari con delle garanzie di stabilità: rata protetta, ovvero la rata è sempre la stessa al massimo varia la durata, oppure variabile con cap, ossia con un tetto massimo. Del resto è normale che, in un contesto ordinario, convenga il variabile; da che mondo è mondo è così: il tasso di interesse è l’unico prezzo che può anche diminuire nel tempo, quando invece tutti i prezzi, di tutte le merci di consumo, tendono sempre ad aumentare nel tempo. Negli anni alle spalle aveva senso invece solo perché, eccezionalmente, per congiunture straordinarie, il tasso fisso e il variabile quasi coincidevano.