Tuttavia, non si è trattato di un passaggio netto e radicale, ma gli Stati hanno avuto 5 anni di tempo per adeguarsi al nuovo standard: fino 31 dicembre 2003, infatti, ogni singolo Stato (compresa l’Italia) ha determinato autonomamente il tasso ufficiale di riferimento e, dal 1 gennaio 2004, quest’incombenza è stata completamente trasferita nelle mani della BCE che ha così uniformato il TUR per tutta l’area europea.
L’importanza di questo valore è piuttosto chiara: quando si verificano grandi movimenti di denaro, il valore assunto dal tasso ufficiale di riferimento funziona come un termometro per la situazione economica e determina tutti gli altri tassi di interesse. Nella pratica, se il tasso di riferimento aumenta si ha un conseguente aumento del costo del denaro, se diminuisce, si ha una situazione opposta con il costo del denaro che punta al ribasso. Ovviamente, tutto questo ha delle ripercussioni sull’economia reale, perché se il costo del denaro aumenta gli investitori sono incoraggiati nella loro attività, fermano i capitali e l’economia subisce un rallentamento. Se, invece, il costo del denaro diminuisce, la convenienza a investire i capitali cresce e si ha un sostanzioso aumento del volume d’affari e dei consumo con conseguente arricchimento.
Il tasso sui prestiti e sui mutui che le banche delocalizzate applicano ai loro clienti, è strettamente dipendente dal tasso ufficiale di riferimento: se aumenta il costo del denaro per le banche che chiedono un finanziamento, un aumento simile (o più elevato) viene applicato anche ai tassi per i finanziamenti privati e commerciali. Il TUR, infatti, in una certa maniera influenza anche l’Euribor, ossia il tasso d’interesse che viene applicato nel trasferimento di fondi da una banca a un’altra (senza passare per la Banca Centrale Europea).
L’andamento degli ultimi anni del TUR, inoltre, è sintomatico della situazione di grave crisi economica attraversata dall’Europa intera, perché dopo alcuni anni di crescita, spinto da un economia che stava viaggiando ad elevate velocità e che quindi poteva sopportare un tasso elevato, il TUR ha subito dei tagli netti. Se l’economia è in sofferenza e il costo del denaro è molto alto, nessuno è portato all’investimento ma, al contrario, se si tagliano i costi e si dà un segnale positivo, si mettono le basi per la ripresa.
Il valore più alto registrato dal TUR è stato quello fissato l’11 ottobre 2000, rimasto in vigore fino al 14 maggio dell’anno successivo: 4,75%. Il tasso di riferimento più basso, invece, è quello attuale, fissato dalla BCE il 4 settembre 2014 all0 0,05%. Da 9 settembre a oggi, il tasso ha subito numerosi rimaneggiamenti al ribasso, raggiungendo il suo valore storico più basso.
Facendo un esempio pratico, che tutti conoscono, chi si sta informando per la stipula di un muto per acquistare casa, si trova sempre davanti al grande dilemma della tipologia di tasso da scegliere: fisso o variabile?
Prendendo in considerazione l’attuale situazione dei tassi e osservando il loro valore e il loro andamento,
in questo momento è da preferire in assoluto il tasso fisso. Perché?
La tendenza degli ultimi anni è sempre stata al ribasso, il TUR ha subito rimaneggiamenti continui e ha raggiunto il livello minimo storico: quante possibilità ci sono che i tassi possano continuare a scendere, ora che il tasso ufficiale di riferimento è a 0,05? Un ulteriore taglio porterebbe il costo del denaro a 0 e si profilerebbero delle situazioni insostenibili per le economie (oltre che per la banca centrale), quindi è statisticamente (e realmente) più probabile che con il prossimo intervento della Banca Centrale Europea il TUR venga rivisto al rialzo. si può quindi dire pacificamente che i mutui sono arrivati al loro punto più basso: non è prevedibile che possano scendere ulteriormente e, quindi, il tasso fisso darebbe la garanzia di bloccare il valore del tasso basandosi su quello attuale per tutta la durata del mutuo o del finanziamento e non potrebbero essere fatti interventi di adeguamento come, invece, accade con il tasso variabile.
L’opzione del mutuo a tasso variabile è stata la preferita degli italiani per molti anni, più o meno dal 2001 al 2005 e dal 2008 ad oggi, ossia quando la tendenza del TUR era al ribasso e gli adeguamenti semestrali o annuali erano di gran lunga convenienti.
Il tasso fisso in quel periodo era sconveniente ma ha rappresentato un porto sicuro quando c’è stata la parentesi di risalita del costo del denaro: coloro che avevano ottenuto un piccolo risparmio sul costo del mutuo a tasso variabile nei mesi precedenti, hanno perso qualsiasi vantaggio con la risalita del TUR.
Tuttavia, esistono delle possibilità di surroga del mutuo per tutti coloro che hanno stipulato dei contratti a tasso fisso quanto il TUR era molto più elevato, usufruendo di un’agevolazione sul tasso sulla base del valore attuale.
Secondo alcune correnti, l’idea di base che la BCE possa arbitrariamente modificare il valore del TUR sarebbe non del tutto corretta, perché secondo una logica di libero mercato, dovrebbero essere gli scambi economici e finanziari a determinare il valore del tasso di riferimento e non il contrario. Quindi, a un aumento delle transazioni (riduzione dei risparmi) dovrebbe corrispondere un aumento del costo del denaro proporzionale e a una contrazione (aumento dei risparmi), dovrebbe corrispondere il taglio.
Ancora non si hanno notizie certe sulle prossime manovre della Banca Centrale Europea, nè in relazione alle modalità d’intervento né tanto meno in relazione ai tempi. gli economisti sono quasi tutti concordi che questo Tasso Ufficiale di Riferimento potrebbe perdurare ancora a lungo senza modifiche, in attesa che si raggiunga un equilibrio finanziario adeguato, ma non è escluso che tra poco la banca centrale intervenga per aumentare di qualche decimo di punto il TUR per forzare una ripresa del costo del denaro, cercando di stabilizzare la situazione su livelli maggiormente convenienti per le banche di riferimento.
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