Novità 2021: cosa cambia
Impugnazione Licenziamento 2020: come funziona
Una volta ricevuta la lettera di licenziamento da parte del datore di lavoro potete sia avviare un procedimento di impugnazione stragiudiziale (confronto tra le parti a cui segue una fase stragiudiziale) sia giudiziale (si instaura direttamente un processo presso il tribunale competente mediante ricorso).
Nel seguito vedremo i diversi casi e le tempistiche concesse dal lavoratore nel caso di impugnazione giudiziale o stragiudiziale. I termini sono diversi in quanto nel caso della impugnazione stragiudiziale sia la possibilità di rispondere con una raccomandata al proprio datore di lavoro mentre nel caso si intenda procedere a instaurare un vero e proprio ricorso giudiziale il termine sarà più lungo.
Alla fase stragiudiziale dovrà comunque seguire una fase giudiziale entro un determinato numero di giorni pena l’inefficacia dell’eventuale accordo raggiunto tra le parti.
Nel caso di impugnazione stragiudiziale il termine di impugnazione è di 60 giorni dalla notizia del licenziamento. Alla fase stragiudiziale deve poi seguire una fase giudiziale ente 180 giorni dall’atto extra giudiziale. Tuttavia mi sento di segnalare che se non procedete nei tempi nei modi previsti all’impugnazione del licenziamento il termine dei 60 giorni resta pending dall’eventuale deposito dell’istanza di conciliazione obbligatoria che contiene l’impugnazione (Cass., Sez. U, sentenza n. 8830 del 14/04/2010, in CED Cass., n. 612377).
Novità 2020 Licenziamenti: come cambiano termini e modalità
Come funziona la Fase Giudiziale di impugnazione
La fase si apre con il deposito del ricorso entro i 180 giorni dall’atto di impugnazione extragiudiziale presso il tribunale competente a cui seguirà una udienza di comparizione che so dovrà svolgere entro i 40 giorni successivi al deposito.
E’ onere del lavoratore effettuare una comunicazione in cui indica al datore di lavoro quando e dove si terrà l’udienza di comparizione rispettando un preavviso di almeno 25 giorni. Nel corso dell’udienza il giudice raccoglie le informazioni e prove utili e decide se accogliere la domanda di impugnazione o rigettarla.
Successivamente entrambe le parti portano opporsi alla decisione del giudice già in questa fase proponendo quella che prende il nome di opposizione al giudizio. Il termine successivo entro cui opporsi con domanda sarà di 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza emessa dal Giudice adito.
Successivamente il Giudice fisserà una nuova udienza di comparizione che avverrà entro 60 giorni che che sarà comunicata alle parti entro 30 giorni prima dell’udienza.
Il Giudice si esprimerà con sentenza e anche questa portata essere impugnata in appello entro 30 giorni. La Corte di Appello si riunirà entro 60 giorni e potrà decidere se sospendere il procedimento di licenziamento fino alla sentenza.
Le parti hanno entrambi el facoltà di impugnare anche la sentenza di appello andando in Cassazione. La Corte di Cassazione dovrà riunirsi entro 6 mesi. La Sentenza della Corte di Cassazione non sarà impugnabile se non di fronte alla Corte Europea. Inutile dire che per arrivare alla Corte Europea spero abbiate dei fondati motivi o meglio che li abbia il vostro legale per intraprendere percorsi che rappresentano un esborso finanziario non indifferente.
Impugnazione Licenziamento contratto a tempo indeterminato In questa fattispecie sicueramente la numerosità dei casi è piuttosto ridotta perchè nel caso di contratto a tempo determinato per farsi licenziare ci si deve proprio impegnare per cui anche le motivazioni e le casistiche che si presentano proabilmente saranno tutte a favore del datore di lavoro e che potrà essere impugnato entro 60 giorni, a pena di decadenza ex art. 6, L. 15 luglio 1966, n. 604. Il termine per l’impugnazione del contratto a tempo determinato decorre dalla cessazione del contratto e si esaurisce entro 60 giorni per i contratti la cui cessazione si verifica entro il 31 dicembre 2012 o 120 giorni se la cessazione del contratto avviene dal primo gennaio 2013. In questo caso il ricorso, l’impugnazione o arbitrato o tentativo di conciliazione dovrà essere effettuato entro 270 giorni qualora il contratto cessi entro il 31 dicembre 2012 o 180 giorni dalle cessazioni a partire dal primo gennaio 2013. Nel caso delle conciliazioni o arbirati andati vani il ricorso deve essere depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal mancato accordo.
Cosa cambia con il Decreto Dignità 2018 nei licenziamenti
Con il decreto dignità 2018 il termine entro cui procedere alla impugnazione stragiudiziale del licenziamento sale da 120 giorni a 180 giorni. Il calcolo dei giorni per effettuare l’impugnazione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.
I termini per impugnare un licenziamento in quanto si ritiene vi siano dei validi motivi per effettuare una contestazione, sono quindi di 60 giorni dalla notifica o consegna a mano del licenziamento oppure entro 180 giorni per depositare eventualmente un ricorso presso la cancelleria del tribunale competente. Il superamento di tale termine determina la prescrizione del diritto all’impugnazione.
Se non si impugna il licenziamento cosa succede? In assenza dell’impugnazione scritta entro 60 gg. dalla notifica il lavoratore si intende decaduto dall’incarico ma tuttavia il lavoratore, laddove si tratti di licenziamento illegittimo ha ancora 5 anni per una eventuale azione risarcitoria così come avviene per i normali adempimenti contrattuali od extracontrattuali.
Da quando entrano in vigore le novità del Decreto Dignità 2018
Da quando scattano i nuovi termini I nuovi termini di impugnazione scattano per i licenziamenti intimati dal 18 luglio 2012 data di entrata in vigore della Riforma Fornero. Lo stesso per il decreto Dignità 2018 che entra in vigore dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale avvenuta l’11 Agosto 2018.
Anche se vi potrà sembrare strano l’obbligo a carico dell’azienda/del datore lavoro di inserire nella lettera di licenziamento i motivi che hanno determinato la volontà da parte di quest’ultimo di interrompere il rapporto di lavoro cosa che prima (strano a dirsi) non non era disciplinata è stato introdotto con la Riforma Fornero.
Altra novità presente nella Riforma Fornero che ritengo sia a sfavore del dipendente (anche se non è mio pensiero ma un dato oggettivo) è che viene di fatto quasi dimezzato il periodo di impugnazione del licenziamento da parte del dipendente che fino a prima della riforma del lavoro 2012 aveva di tempo 270 giorni per proporre ricorso dinanzi al Ministero del Lavoro per impugnare il proprio licenziamento ed invece da oggi avrà diritto a soli 180 giorni. Di fatto si assiste quindi a un accorciamento del tempo di 90 giorni. V’è da dire che 180 giorni sono comunque sufficienti ad organizzarsi con un bravo avvocato del lavoro.
Dall’altra parte la procedura di licenziamento sarà leggermente più lunga da una parte e imporrà al datore di lavoro anche di proporre al lavoratore l’adesione ad un programma di ricollocazione del lavoratore. Si prende coscienza quindi del fatto che un lavoratore disoccupato è un costo per la società in quanto non consuma pertanto il fine è quello di ricollocarlo nel più breve tempo possibile all’interno di un’altra azienda.
Inutile negare che le novità che sono state introdotte dalla riforma del lavoro dietro a un tentativo di rendere più flessibile il mercato del lavoro nel suo insieme si sia intervenuti soprattutto sulla flessibilità in uscita e quindi sulle fattispecie che consentono al datore di lavoro di licenziare i dipendenti.
Da un’altra parte però assistiamo anche all’inasprimento delle sanzioni a carico dello stesso in caso di inadempienze: vediamo insieme quali sono le novità
Come si fa a licenziare un dipendente singolo Per procedere al licenziamento individuale con contratto di lavoro tempo indeterminato da parte dell’azienda con più di 15 dipendenti l’iter procedurale è leggermente più complesso in quanto si parte da una prima comunicazione da effettuare alla DTL o direzione territoriale del lavoro nel comune dove il dipendente ha il proprio domicilio, indicando l’intenzione di licenziare un singolo dipendente, avendo cura di indicare le motivazioni del licenziamento che siano ovviamente di natura oggettiva.
Novità introdotta una riforma del lavoro e quella di inserire accanto tali cause anche un programma di ricollocamento del lavoratore e questo è senza dubbio un importante elemento di mantenimento delle risorse all’interno del mercato del lavoro. In realtà già avevo avuto che fare con tali situazioni di alcuni amici o conoscenti che in seguito al licenziamento individuale è stato proposto loro oltre a una somma di denaro per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro anche il pagamento di un di un’iscrizione un’agenzia di Recruitement, o società di selezione delle personale (che dimostrano con dati alla mano che l’elevata percentuale di loro aderenti è collocata all’interno del mercato del lavoro in tempi brevi dando così la sicurezza al lavoratore che interrompe proprio rapporto con azienda di trovarne un altro).
Esempi Cause si impugnazione di un licenziamento
La nullità del licenziamento per difetto di comunicazione Prima di tutto il licenziamento dovrà essere notificato in forma scritta pena l’inefficacia così come disciplinato dall’articolo 2, L. 15 luglio 1966, n. 604).
La comunicazione del licenziamento individuale da parte dell’azienda dovrà essere ovviamente notificato al domicilio del dipendente e anche alla DTL pena la nullità. Ma possono esserci anche altre cause in cui la comunicazione del licenziamento sia nulla e vediamo quali sono: primo caso è quello in cui sia notificata a domicilio fiscale diverso da quello indicato nel contratto di lavoro in quanto il lavoratore così non avrebbe tempo modo di essere a conoscenza del proprio licenziamento e di avere a disposizione quei 180 giorni visti prima per poter impugnare licenziamento dinnanzi al Ministero del Lavoro.
Altra situazione di nullità del licenziamento e di conseguenza la sua impugnabilità è quello di inviare a aree del lavoratore nella comunicazione in un altro domicilio oppure semplicemente consegnandolo a mano all’interno dell’azienda cosa che in effetti talvolta si sente dire, ossia il dipendente viene convocato dal direttore del personale per fargli firmare subito un accordo scritto o la ricevuta di accettazione della comunicazione. Se lo dovessero fare, potreste in linea teorica anche firmarla…tanto sarebbe nulla, ma fatevi sempre consigliare dal vostro avvocato del lavoro.
Dopo la notifica della comunicazione al dipendente e alla DTL nei sette giorni successivi ricevimento della comunicazione da parte della datore di lavoro radicazione territoriale avrà sette giorni per convocare entrambe le parti sia lavoratore e azienda per tentare una conciliazione la cui finalità in sintesi è quella di trovare un accordo economico che renda soddisfatte entrambe le parti e quindi da una parte dei licenziamento e dall’altra un indennizzo un sono una somma di denaro.
La conciliazione potrà durare 20 giorni quindi non è detto che sia unico ma potrà prevedere anche più incontri nell’arco temporale: inoltre oltre tale termine le parti dovranno dimostrare di avere entrambi interesse ad andare oltre altrimenti decorso tale periodo il datore di lavoro potrà comunque notificare il licenziamento al dipendente. Viene anche prevista la possibilità di sospendere il decorso del termine dei 20 giorni sia all’inizio sia alla fine tramite una proroga di 15 giorni sempre qualora vi siano oggettivi motivi che impediscono lavoratore e non all’impresa di essere presente. Ricordo inoltre che una volta che le due parti abbiano risolto consensualmente il proprio rapporto di lavoro e quindi si preceda con il licenziamento e che si siano anche attivati i canali di ricollocazione dei lavoratori all’interno del mercato del lavoro con cui il licenziato se così li vogliamo chiamare potrà attivare il canale anche dell’ASPI o mini ASPI ossia l’assicurazione sociale per l’impiego.
Indennità licenziamento illegittimo 2018, 2019
Il Job Act a tutele (de) crescenti di Renzi ha declinato quali sono gli indennizzi concessi ai lavoratori in sede conciliativa nell’ipotesi di licenziamento illegittimo. Il Decreto Dignità 2018, entro in vigore l’11 Agosto 2018 incrementa il numero delle mensilità retributive che formano l’indennizzo dovuto dal lavoratore dipendente nel caso di licenziamento illegittimo. Il dipendente che viene licenziato illegittimamente ha diritto ad un indennizzo pari a niente popò di meno che 2 mensilità per ogni anno di servizio (e fin qui lo trovo anche giusto peccato che dopo….) in misura non inferiore a 6 mensilità e ad un massimo di 36. In realtà rispetto al passato sono aumentate in quanto il minimo era 4 e le mensilità erano 24 così come disciplinato dalla Riforma Fornero peccato che vi era l’obbligo di reintegro….questo piccolo e sottile cambiamento. In pratica oggi basta che pago, tutto sommato anche una cifra ragionevole, e posso licenziare (quasi) chiunque voglio.
Questa novità si applica per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015.
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Vi ricordo inoltre che potete approfondire gli altri contratti di lavoro flessibile disciplinati rinnovati con la riforma del lavoro del ministro Fornero del 2012 andando sui i link che trovate nelle parole scritte in celeste come per esempio le novità nel contratti di apprendistato, oppure il contratto di lavoro a progetto con partita Iva, ma anche di altri taglio come quelli sulle nuove modalità di licenziamento.
Se vuoi approfondire l’argomento o ti servono altre notizie utili leggi l’impugnazione del licenziamento sul contratto a tempo indeterminato.
Riferimenti normativi del nuovo licenziamento dopo la riforma Fornero del 2012. Le novità introdotte nel licenziamento individuale sono contenute nell’articolo uno comma 37 della nuova Riforma del lavoro 2012 del Ministro Fornero
http://www.tasse-fisco.com/lavoro-dipendente/casi-di-licenziamento-disciplinare/17539/
ho bisogno che qualcuno mi aiuti.
buon giorno il mio nome è filippo fabio caviglia nato a palermo il 11/08/1971 e residente il altavilla vicentina (VI).
volevo portarvi a conoscenza della mia storia, nella speranza che possiate aiutarmi a risolvere anche in parte la mia situazione.
sono un precario, unica fonte di reddito in casa mia in quanto anche la moglie dopo aver partorito, si è trovata licenziata, e ad oggi con una bimba di quasi 4 anni non ha ancora trovato nessun altro lavoro.
io dalla fine del luglio 2013 che lavoro come interinale tramite un’agenzia per il lavoro(G.group) presso una multinazionale della provincia di vicenza (ceccato aria compressa) con contratto iniziale in scadenza, poi prorogato con contratto di sostituzione personale e cosi’ via sino ad arrivare alla fine di febbraio 2015 quando mi viene detto che il mio contratto si conclude per calo di lavoro sulla mia linea produttiva.
sottolineo che le mie manzioni erano quelle di montatore assemblatore, il quale venivo anche spostato su altre linee produttive sulle quali ero gia’ in grado di lavorare automamente.
quindi se era solo per il discorso calo lavoro sulla mia linea, mi sembra assurdo, altra cosa: come me ci sono delle altre persone all’interno della stessa azienda ed in particolare altre 2 sulla mia linea, le quali sono con lo stesso contratto da circa solo 6 mesi, le quali non lavorano su altre linee, le quali sono state mantenute con la proroga del contratto. altre persone su altre linee assunte circa un mese fa’attualmente con contratti prolungati, in pratica l’unico ad essere stato lasciato a casa sono stato io, ho chiesto e richiesto il perchè e mi è stato detto da tutti che è stata una decisione solo dovuta al calo del lavoro sulla mia linea, allora mi chiedo non sarebbe stata una decisione che avrebbe dovuto cadere su qualche altra persona che è da meno tempo che ha iniziato a lavorare li? adesso mi trovo a 44 anni una famiglia da mantenere con una bimba di quasi 4 anni ed un mutuo da pagare e tutto il resto a casa senza lavoro .
volevo chiedere se si puo’ essere trattati in questa maniera e se non ci fosse qualche legge che in qualche maniera mi possa tutelare.
ad oggi tramite informazioni avute da ex colleghi di lavoro, la stessa ditta ha assunto altri lavoratori interinali.
chiedo il vostro aiuto per capire se potessi avere la possibilita’ di essere reintegrato nella stessa azienda, visto che da parte mia penzo di essere stato licenziato ingiustamente.
se occorre posso allegare copia file di tutti i contratti.
ringraziandovi resto in attesa di un vostro cortese riscontro.
cordiali saluti
ps: poi ci si chiede il perchè gli imprenditori o altre persone in difficolta’ economiche, decidano di farla finita? è il sistema che ci porta a questo.