L’Avvocato incaricato dal cliente può incorrere in responsabilità, con conseguente obbligo al risarcimento per i danni subiti dall’assistito, quando non svolge in maniera professionale il suo incarico.
Quali sono gli obblighi cui è tenuto l’Avvocato?
L’Avvocato, nell’adempimento dell’incarico, deve svolgere la propria attività avendo riguardo, da un lato, al dovere primario di tutelare le ragioni del suo assistito e, dall’altro, al rispetto del parametro di diligenza a cui questi è tenuto.
Cosa si intende per diligenza dell’Avvocato?
La Giurisprudenza che si è pronunciata in materia ha chiarito che l’Avvocato è tenuto a svolgere il proprio mandato in conformità al parametro di diligenza fissato dall’art. 1176 secondo comma 2 cod. civ. che stabilisce che: “ Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.
Dunque, il parametro che si richiede all’Avvocato è quello della media attenzione e preparazione, qualificato dalla perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta. È fatta salva l’applicazione dell’art. 2236 cod. civ che stabilisce che nel caso di prestazioni implicanti la risoluzione di problematiche tecniche di particolare difficoltà “il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di solo o colpa grave”.
Quando si considera responsabile l’Avvocato nei confronti dell’assistito?
La giurisprudenza consolidata sancisce che “l’Avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia compromette il buon esito del giudizio, mentre nei casi di interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave ” (cfr. Cass. civ. Sez. II, 11.08.2005, n. 16846).
La responsabilità dell’Avvocato è una responsabilità per colpa commisurata alla natura della prestazione, che risulta circoscritta ai casi di dolo o colpa grave unicamente quando la prestazione implichi la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà (ex art. 2236 cod. civ.) o la scelta tra soluzioni comunque opinabili.
Quando l’Avvocato può difendersi dall’imputazione di responsabilità?
L’Avvocato può liberarsi dalla imputazione di responsabilità se dimostra l’impossibilità della perfetta esecuzione della prestazione (ex art. 1218 cod. civ.), o di aver agito con diligenza.
Cosa deve provare l’assistito che vuole citare in giudizio l’Avvocato?
In ordine alla ripartizione dell’onere probatorio, è oramai principio pacifico in giurisprudenza, che l’assistito che sostiene di aver subito un danno, per l’inesatto adempimento del mandato professionale del suo Avvocato, ha l’onere di provare:
- l’avvenuto conferimento del mandato difensivo;
- la difettosa o inadeguata prestazione professionale;
- l’esistenza del danno;
- il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno.
Infatti, la mera negligenza di per sé non implica anche responsabilità civile dell’Avvocato posto che la responsabilità sorge solo qualora sia allegato e provato in modo specifico il nesso di causalità fra la negligenza stessa e l’esito della controversia.
Cosa deve valutare il giudice per accertare la responsabilità dell’Avvocato?
È principio consolidata in giurisprudenza che l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita dall’Avvocato.
Il Giudice, dunque, con una valutazione necessariamente probabilistica, deve valutare quanto dedotto.
Stabilisce infatti la Cassazione (cfr. Cassazione Civile, sez. III, 5 febbraio 2013) che la responsabilità Avvocato “non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare in primo luogo se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del legale; in secondo luogo, se un danno vi sia stato effettivamente; in terzo luogo se, qualora l’Avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva che sia, ed il risultato derivatone. Ove anche risulti provato l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito”;
Dunque, è fondamentale dimostrare che, ove l’Avvocato avesse tenuto il comportamento dovuto, l’assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni. Diversamente ragionando, manca la prova del nesso causale tra la condotta del legale, attiva o omissiva, ed il risultato derivatone .
L’onere della prova appare estremamente rigoroso anche in considerazione della circostanza che l’Avvocato convenuto in giudizio dovrà solo provare di aver osservato le regole dell’arte, ossia di aver svolta la propria prestazione con la diligenza media richiesta dalla legge (art. 1176, comma secondo, cod. civ.) essendo l’obbligazionedi mezzi e non di risultato.
Le obbligazioni di mezzi sono le obbligazioni nelle quali il debitore deve svolgere un’attività determinata, ma non deve assicurare che dall’attività derivi un esito, mentre nelle obbligazioni di risultato il debitore deve compiere un’attività e assicurare il raggiungimento di un risultato.
Pertanto, l’inadempimento dell’Avvocato non può desumersi esclusivamente dal mancato ottenimento dell’esito voluto dall’assistito, ma va parametrato alla luce dei doveri relativi allo svolgimento dell’attività professionale.
Ancora, ad esempio, è esclusa la responsabilità professionale dell’Avvocato che omette di eccepire una nullità nel corso del processo quando è rilevabile anche d’ufficio (cfr. Cass. Civ., ordinanza 9 novembre 2022 n. 33030).
Quali sono le norme violate che solitamente indicano una responsabilità dell’Avvocato?
L’avvocato può essere responsabile non solo nel caso di violazione delle citate norme del codice civile (art. 1176 comma 2; art. 1218; art. 2236 cod. civ.) ma anche nell’ipotesi in cui viola le norme del Codice deontologico forense.
Tra le varie norme si indicano: art. 10 “dovere di fedeltà”, art. 11 “rapporto di fiducia e accettazione dell’incarico”, art. 12 “dovere di diligenza”, art. 13 “dovere di segretezza e riservatezza”, art. 14 “dovere di competenza”, art. 23 “conferimento dell’incarico”, art. 26 “adempimento del mandato”, art. 27 “doveri di informazione”, art. 28 “riserbo e segreto professionale”, art. 32 “rinuncia al mandato”.
Partendo sempre dal presupposto che solo chi lavora può incorrere in errore, affrontiamo ogni caso di responsabilità professionale partendo da un tentativo di mediazione, sebbene non obbligatorio ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria.