La prima regola: Unico e 770 devono quadrare
Il controllo che effettua l’Agenzia delle Entrate per questa tipologia di voce è quella di fare il match tra quello che riporta il professionista X nella sua dichiarazione dei redditi modello unico (alla riga “ritenute subite”) e quello che dichiara dall’altra parte il suo cliente Y nel modello 770 come ritenute versate nel quadro ST.
Se i dati non sono discordanti probabilmente partirà un accertamento fiscale diretto a verificare che tipologia di errore è stato commesso nell’identificazione delle somme trattenute e versate. Questo perchè esistono ormai degli appositi controlli automatici, per cui l’accertamento è quasi immediato. Naturalmente si intende il modello Unico o 730 precompilato e non proesentato dal contribuente ed il 770 presentato da colui che fruito del vostro servizio pagandovi al netto della ritenuta.
Seconda regola d’oro: la certificazione non è obbligatoria
La prima cosa che in genere il professonista che ha erogato la prestazione fa prima di compilare la dichiarazione dei redditi, è quella di chiamare i clienti e di richiedere la certificazione intorno all’inizio del mese di giugno oppure addirituttura ce ne sono altri che chiedono la certificazione alla fine di ciascuna fattura. Lo stile è tutto italiano… ossia facciamo lavorare gli altri anche dieci volte di più piuttosto che sapere cosa dice la legge, pur avendo gli strumenti per rispondere da soli alla domanda “quante ritenute mi hanno versato?“.
Cosa dice la Legge a tal proposito
La norma disciplina già che l’obbligazione al versamento delle ritenute sia a carico di entrambi, in quanto soggetti solidalmente responsabili al versamento. Per cui se dobbiamo andare a cercare vi cito la Cassazione n. 14033/2006 che affermerebbe l’impossibilità di indicare le ritenute senza certificazione.
Tuttavia vi segnalo la Risoluzione 69 del 2009 dell’Agenzia delle Entrate che indica cosa fare in assenza di una certificazione delle ritenute d’acconto a portata di mano. Il profesionista dovrà mantenere copia delle fatture dalle quali si evince la ritenuta indicata e subita effettivamente ossia fattura + estratti conto da cui si evince su quella fattura quello che effettivamente ha incassato. Per chiudere il cerchio si aggiunge una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà a conferma della documentazione prodotta ed ecco che lo sbattimento della ricerca telefonica ed il rincorrere gli uffci amministrativi di tutti i clienti potrebbe essere bypassato.
Vi segnalo infatto alcuni orientamenti giurisprudenziali che pendono per la stessa interpretazione e che sono Ctp Treviso n. 105/2010, Ctp Milano n. 111/2009, Ctp Brindisi n. 106/2013.
Potrebbe sembrare un adempimento poco importante ma non lo è!
Anche se sembrerebbe essere un adempimento poco importante, vi ricordo che il soggetto è obbligato per legge ad emettere la certificazione delle ritenute d’acconto applicate e dall’altra parte vi sono anche dei profili sanzionatori penali legati al mancato versamento delle ritenute.
Per quello che concerne le sanzioni amministrative legate alla mancata certificazione delle ritenute vi segnalo il DPR 600 mentre per quello che concerne le sanzioni derivanti dall’omesso versamento con F24 delle ritenute vi dico che fate meglio sempre a versare tramite il nuovo ravvedimento operoso che abbatte di molto le sanzioni rispetto ad un accertamento fiscale, prima di incorrere nel rischio di sanzioni penali da mancato versamento di ritenute di acconto.
Vi ricordo poi l’articolo appositamento dedicato al caso di omesso o errato versamento delle ritenute d’acconto ed il ravvedimento operoso che vi può aiutare a ridurre le sanzioni qualora ve ne accorgiate prima dell’agenzia delle entrate.