Nel caso di un libero professionista che non dichiari i redditi prodotti sulla base della considerazione che le prestazioni erano svolte gratuitamente in quanto svolte per “amici” si dovrà fare riferimento all’accertamento svolto dalla guardia di finanza nei confronti di un avvocato che in un anno ha presentato per conto dei suoi “amici” oltre 200 ricorsi senza dichiarare alcun compenso per l’attività svolta.
In questo caso la guardia di finanza si è rifatta sul contribuente attraverso l’accertamento induttivo e rettificando il reddito dichiarato.
La Corte di cassazione ha dato infatti ragione (cfr. sentenza n. 7460 del 27 marzo), all’Agenzia delle Entrate che ha applicato (ed il legale ha anche avuto fortuna) il minio tariffario previsto dall’ordine degli avvocati per le prestazioni svolte gratuitamente.
In questo modo il reddito del legale è passato da 6 mila euro a circa 200 mila euro in primo grado.
La beffa ai danni dell’erario è avvenuta in secondo grado quando il legale si è difeso affermando che non era stato provato quante delle cause iscritte erano state portate a compimento nel corso dell’anno “accertato”, appellandosi al principio di autonomia degli anni di imposta.
La Commissione regionale accoglieva le doglianze di controparte e rettificava il reddito al ribasso in circa 30 mila euro.
Le prestazioni gratuite per gli amici possono essere fatte, ma solo per quelli veri :-)