Home Restaurant: cos’è, come si apre, legislazioni, dubbi, costi

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home restaurantL’home restaurant è una delle ultime mode in fatto di ristorazione. È apprezzato dai clienti che per una sera possono scegliere un’alternativa rispetto al classico ristorante ma è anche un modo per gli appassionati di cucina che vogliono fare della ristorazione la propria professione per iniziare a lavorare nel settore senza dover investire troppo. Ma cos’è esattamente e come si può aprire un home restaurant? Ecco una piccola guida all’argomento che vi fornisci chiarimenti e risposte utile alle domande rispetto ai requisiti richiesti dalla legge Italiana per aprire un home restaurant e come avviare attraverso una SCIA o una Comunicazione Unica l’attività senza paura di dover incorrere in sanzioni o multe che possono trasformare il diletto in un problema da gestire.

Che cos’è un home restaurant? (Definizione)

L’home restaurant è un tipo di attività che appartiene alla sfera della ristorazione ma che invece di svolgersi in un classico locale viene organizzata all’interno di un appartamento privato. Il fenomeno nasce all’inizio degli anni Duemila negli Stati Uniti, sull’esempio delle case particular che si trovano a Cuba, ma si diffondono ben presto anche in Inghilterra. In Italia si diffondono grazie ai social network che sono il primo canale di promozione dell’home restaurant. L’home restaurant è un ristorante che si “svolge” all’interno di un appartamento privato. Nasce dalla voglia dei padroni di casa di ospitare e di mettersi ai fornelli, avendo come ospiti persone sconosciute che non si conoscono neanche tra loro. Ovviamente ci deve essere anche la passione per la cucina perché si dovrà preparare un men§ specifico, magari che proponga ricette regionali e pietanze tipiche locali.

La caratteristica principale dell’home restaurant è quella di non essere un’attività organizzata da professionisti del settore ma da principianti (o forse meglio non professionisti per il momento, salvo eccezioni) che mettono a disposizione pochi coperti in determinate serate che vengono pubblicizzate attraverso i social network. Un home restaurant non dovrebbe superare un certo fatturato annuo ma, in compenso, non avrebbe necessità di autorizzazioni particolari, cosa che invece viene richiesta ai ristoranti professionali. Un sistema alternativo, dunque, per riuscire ad arrotondare le proprie entrate mensili ma anche un modo per saggiare le proprie abilità di cuoco prima di lanciarsi nell’avventura di un ristorante vero e proprio, soprattutto se si tratta della prima esperienza nel settore. Tuttavia c’è chi ne vorrebbe giustamente fare un’attività continuativa ed abituale e perchè no, svilupparla anche in forma di impresa. Vediamo allora e come e se si può fare e quali i paletti che ad oggi il legislatore frappone rispetto al raggiungimento di questo obiettivo.

Le diverse tipologie di ristorante casalingo

Per aprire un home restaurant non sono necessari particolari requisiti. Basta avere lo spazio in casa, saper cucinare magari proponendo un menu culinario tipico e avere voglia di ospitare persone sconosciute per serate basate sulla cucina e sulla socialità. Non deve mancare una certa conoscenza del web per riuscire a promuovere i propri eventi di home restaurant nel modo migliore, così da avere sempre un buon giro di clienti e il salotto pieno ad ogni serata.

Esistono 2 formule diverse per l’home restaurant. La prima è quella di un evento del genere social eating, quindi una cena che viene organizzata non solo per gustare tutte le specialità locali ma anche e soprattutto per conoscere tante persone nuove, con i padroni di casa come anfitrioni della serata.

La seconda tipologia è invece quella del tourist eating ossia cene che vengono organizzate per consentire ai turisti di assaporare il vero gusto locale, facendosi ospitare per cena a casa di persone comuni che si dilettano con la cucina. Anche per quanto riguarda le formule di pagamento esistono diverse possibilità. C’è, infatti, chi prevede una quota per ogni cena, a copertura delle spese della cena, variando quindi di volta in volta. Ma c’è pure chi organizza una sorta di associazione e prevede un’iscrizione annuale o mensile per partecipare ad ogni evento. Chi desidera aprire il proprio home restaurant deve solo individuare la formula migliore per le proprie esigenze e per lo spazio che ha a disposizione in casa.

Quale normativa regolamenta gli home restaurant

Gli home restaurant sono un nuovo business imprenditoriale che però sono caratterizzati da un grande vuoto legislativo. Tuttavia visto che molti siti si limitano a scrivere che esiste sono un vuoto da colmare a mio avviso questo vuoto esiste solo parzialmente nelle loro teste.

Esiste infatti una risoluzione del Ministero ad hoc proprio per questo tipo di attività che qualifica giuridicamente l’attività e indica i requisiti da rispettate in termine di onorabilità e professionalità del cuoco che è la Risoluzione numero 50481.

Questa Risoluzione paragona l’Home restaurant a dei veri e propri ristoranti, obbligandoli a sottostare ad una lunga e rigida trafila per ottenere le autorizzazioni.

Infatti “In via preliminare si precisa che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande è disciplinata dalla legge 25 agosto 1991, n. 287, così come modificata dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.., la quale distingue tra attività esercitate nei confronti del pubblico indistinto (cfr. articolo 1) e attività riservate a particolari soggetti (cfr. articolo 3, comma 6). Detta legge all’articolo 1, comma 1 dispone che “per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto” che si esplicita in “… tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”.

A tal proposito la nota n. 98416 del 12-6-2013 del ministero ha classificato come un’attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande quella effettuata da un soggetto che, proprietario di una villa, intendeva preparare cibi e bevande nella propria cucina fornendo tale servizio solo su specifica richiesta e prenotazione (che altro non è se non quello che comunemente chiamiamo oramai con il nome di home restaurant o cuoco( chef a domicilio).

Pertanto, ad avviso del Ministero si applicano per questa  le disposizioni di cui all’articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.. L’articolo 64 lo trovate qui di seguito da stampare. DettaglioArticolo 64

Ciò significa che, previo possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i., detti soggetti sono tenuti a presentare la SCIA o a richiedere l’autorizzazione, ove trattasi di attività svolte in zone tutelate.

Per quello che concerne i requisiti della persona fisica titolare del’attività vi rimando all’articolo dedicato proprio ai requisiti per aprire qualsiasi attività commerciale sia essa di commercio di beni e servizi alimentari e non e che riguardano il titolare della dell’attività. Vi consiglio di leggerli attentamente anche se posso riassumerli – in estrema sintesi – che non si tratti delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, o coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo e tanti tanti altri casi.

Tornando invece alla tipologia di attività specifica quale quella dello chef a domicilio o home restaurant non esiste ancora una norma ad hoc che regoli in modo preciso il settore e sono andati vanificati tutti gli sforzi fatti in tal senso. In particolare nei tempi più recenti è arrivata una bocciatura da parte del Garante della concorrenza che ha ritenuto incostituzionale la proposta di legge che prevedeva grosse limitazioni per gli home restaurant, soprattutto dal punto di vista del numero dei coperti e del tetto massimo di fatturato.

Secondo il Garante, infatti, queste limitazioni sarebbero del tutto ingiustificate e quindi improponibili. Tuttavia non sono presenti normative di settore per tutto per cui se c’è un ritardo è legittimo rifarsi alla normativa primaria per cui valgono le norme previste più affini per la tipologia di attività svolta.

Proposte di legge sull’attività di cuoco a Domicilio

La proposta di legge è ancora oggetto di discussione ma se entrasse in vigore limiterebbe a 500 il numero di ospiti annuo da non superare mentre il fatturato massimo non potrebbe superare i 5 mila euro. Naturalmente il numero di coperti massimo non fa scopa con il fatturato massimo ammissibile in quanto per un pasto non possono chiedersi 5 euro. Quel limite quindi sembrerebbe con alta probabilità ancora essere agganciato al limite di reddito previsto per per attività o prestazioni occasionali che tuttavia in questo caso mal si concilia a mio avviso con una iniziativa imprenditoriale che necessiterebbe di un tetto di ricavi più elevato prima di poter spiccare il volo e divenire veramente un’impresa

Inoltre sono previsti una serie di paletti non indifferenti che di fatto potrebbero smorzare la vena creativa o indurre persone a tentare di seguire le proprie passioni. Parliamo di requisiti che se dovessero passare passerebbe la voglia a chiunque e che trovate nel seguito:

  1. limite 500 coperti annui: che si traduce di fatto a organizzare in media, considerando cene con una distribuzione di frequenza di 2, 4, o 6 invitati circa 120 annue per un costo in media che oscilla tra i 30 e 50 euro per cui 3.750 – 6.250 di ricavi fatturati annui. A questo andrebbero eliminati i costi per materie prime.
  2. limite 5 mila euro fatturato annui
  3. Prenotazione on line: solo con piattaforme on line al pari di airbnb o altri siti di home rent; se cosi fosse facile prevedere che si determinerebbe anche l’obbligo alla trattenuta da arte dell’intermediario sui proventi al pari di quello che avviene oggi con le piattaforme per le locazioni immobiliari
  4. Pagamenti on line: solo strumenti di pagamento tracciati il che sembrerebbe essere un paradosso se consideriamo il nero e la mafia che che caratterizza l’attività di tantissimi ristoranti Italiani
  5. Normative igienico sanitarie HACCP: per quanto restrittiva come previsione mi sento di dire che è l’unica veramente utile in quanto mi farebbe piacere essere sicuro che se invito uno chef a domicilio o vado a mangiare da qualcun consigliato (magari da un amico)  so che questo abbia le certificazione per maneggiare determinati alimenti che sta per cucinare e che conosca la normativa igienico sanitaria per somministrare alimenti o bevande. Questo si traduce nel fatto di seguire corsi di formazione e aggiornamento professionale per cui anche qui i costi aumentano e parliamo di corsi che possono costare anche 2 mila euro annue che seppur deducibili fiscalmente contribuiscono a far lievitare i costi di una piccola attività.
  6. Assicurazione contro i rischi derivanti dall’attività: polizza assicurativa RC verso terzi sia per l’attività che per l’abitazione per eventuali danni causati a terzi che potrebbe costare intorno ai 300-500 euro di premio assicurativo annuo che seppur deducibile fiscalmente contribuisce anche qui a far crescere i costo di gestione.

Limite dei 5 mila euro annui: tale importo non deve essere superato soprattutto perché altrimenti si deve obbligatoriamente aprire la partita iva, facendo diventare un’attività occasionale e non professionale in un lavoro vero e proprio, soggetto a contributi e tasse.

Inoltre questa attività potrebbe anche essere sottoposta all’obbligo di SCIA ossia dichiarazione di inizio attività. Tale normativa, però, è al momento bloccata alla discussione del Senato e non si sa quale iter seguirà né quali modifiche saranno apportate. Intanto, però, gli home restaurant si diffondono e diventano un appuntamento interessante in ogni città italiana. Curioso poi sarebbe all’interno della SCIA rintracciare il codice ATECO per aprire la partita IVA. A mio avviso potrebbe essere utile rifarsi alla categoria comunque di somministrazione di alimenti e bevande.

Quanto costa aprire un home restaurant in casa?

I costi per aprire un home restaurant non sono eccessivamente alti e anzi in alcuni casi si può iniziare l’attività di ristorazione casalinga addirittura a costo zero; ossia limitandosi al costo delle materie prime  per cucinare e alle attrezzature iniziali. Queste sono variabili in funzione del menù che decidete di presentare e alla tipologia e gamma di servizi offerti: andiamo da cucine presso la propria abitazione a chef a domicilio che vi preparano cene di sushi e vi servono la cena per 50/100 euro a testa.

Infatti non sono previsti costi particolari per l’attrezzatura, che non deve essere utilizzata, né per l’affitto dei locali in quanto il ristorante viene organizzato a casa propria. Sicuramente la spesa maggiore è quella che viene sostenuta per acquistare gli ingredienti e le materie prime per organizzare i manicaretti ma oltre questo non c’è altro. Non deve mancare, però, l’impegno del padrone di casa non solo per l’organizzazione della serata e della cena ma soprattutto per la promozione dell’evento, in modo particolare attraverso l’impiego dei social, mezzo di comunicazione di massa gratuito ed efficace.

Per questo motivo sono nati tanti home restaurant a Milano, Roma e altre grandi città.

Parere del Ministero dello Sviluppo Economico: Nota primo febbraio 2019

Con Nota del primo febbraio 2019 il Ministero dello sviluppo economico paragona gli home restaurant e dei pubblici esercizi ma solo quando questi sono organizzati in forma di impresa. Questi devono essere prima di tutto accessibili alla polizia ma v’è da dire che non esiste ancora un corpus di norme d hoc per questa specifica attività. Di fatto sarebbero assimilabili per lo più a cene private.

Comunicazione Questura Reggio Calabria

Come Iniziare l’attività in sicurezza: nel seguito troverete le guide che vi aiuteranno ad aprire la vostra attività in sicurezza non solo dal punto di vista della disciplina e regolamentazione sanitaria ma anche dal punto di vista tributario.

Guida Apertura Partita IVA

Requisiti Apertura attività Commerciale

Principali Leggi di riferimento

Risoluzione numero 50481

34 Commenti

  1. son d’accordo ce nel limite dell’attività svolta ci siano regole legali ma ….e di ma ne ho veramente tanti .Per primo i tempi e le chiusure della cucina ,l’obbligatorietà di un menu’ standardizzato,l’utilizzo, non sempre corretto di materie prime fresche e locali,la condivisione di un DESCO dove la convivialità la socializzazione la curiosità e interesse della tradizione è di primario interesse. Il principio dell’home restaurant non è il guadagno e basta ma far conoscere cibo usanze curiosità chiacchiere e confidenze e anche una rivalutazione della persona che ospita.Magari ha bisogno di sentirsi integrata nel sistema o meglio forza lavoro quando le porte da tempo o per caso le sono state precluse o chiuse.Resta di fatto che agli”imprenditori scoccia,, e molto ma non rivedono le loro posizioni che per me son mancanze. Sottoscrivo che non ho solo un B&B. e sono senza lavoro dal 2020. LU

  2. Spero di non attirare il malcontento di qualcuno ho 70 anni e da piccolo andavo a Montenegro dei miei parenti da allora fino adesso si usa farlo. In casa non c’èra roba industriale solo casalingo Coca Cola e simili. Nei mercati la stessa cosa solo chi produce vende come vuole il resto fatturato bancarelle divisi

  3. Ho letto l’articolo dopo aver letto le recensioni di un home restaurant di Genova, nelle quali si evidenziava che mai veniva fatta una ricevuta e i commensali erano ben più numerosi di quelli che potrebbero essere gli invitati in un pranzo privato. Insomma un modo come un altro per fregare i clienti e lo stato.

  4. Concordo, però ritengo sia doveroso precisare che le regolamentazioni, che zavorrano, l’attività imprenditoriale debbano essere stringenti per entrambi le tipologie di attività e che gli home restaurant non ne siano esclusi.

  5. Con questo vostro Covid vedo che avete perso la ragione. Parlate, critichate perché non sapete fare, parla la vostra invidia verso la gente che riesce levarsi il dito dal di dietro.provate fare qualcosa voi, un reddito extra vostro,pou parliamone.Odio quando la gente gelosa delle cose altrui e poi non fa nulla da sola per migliorare propria vita. Vivi e lascia vivere

  6. Buon giorno, ho gia una IAD , e volevo implementarla con l homr restaurant ma mi hanno imposto l obbligo del bagno per i disabili.A voi risulta?

  7. Assolutamente no. Avrebbe dovuto indicarvi il costo all’inizio di tutti i servizi offerti e rilasciarvi ricevuta fiscale. Se invece parliamo di un evento occasionale è un altro discorso, ma dubito che si configuri come occasionale

  8. Buonasera, vorrei sapere qual’è la specifica modalità di pagamento in home restorant per un ospite? Il padrone di casa è tenuto ad emettere una fattura?
    qualche settimana addietro ho cenato in home restorant nel Salento, dove al momento della prenotazione abbiamo chiesto il costo della cena, la padrona di casa ha omesso di apecificarlo, cosa che a mio avviso andrebbe detto al momento della prenotazione, non avendo un menù cartaceo con un listino prezzi.
    Al momento del pagamento ci siamo trovati il conto scritto su un pezizzino. Oltretutto con dei costi altissimi delle bevande che non erano comprese nel costo della cena.
    Vorrei capire se questa cosa è legale?
    Grazie

  9. Salve se comprerei un appartamento in un condomino, con inquilini sottostanti, non creerei disturbi di quiete , di persone fino a tardi notte? I permessi sono flessibili? O ci si devono rispettare regole condominiali o altro. Attendo risposta grazie.

  10. Trovo fuori luogo ed eccessivamente aggressivo il commento di Stefano. Che presuppone pure che tutti i titolari di esercizi abbiano “studiato”, Tralasciando il linguaggio che utilizza nel difendere i propri argomenti. Non esplicito in questa sede la mia opinione sugli home restaurant; di certo la sua è volutamente offensiva per un tipo di attività comunque lecita. Lei comunque ha la soluzione in tasca :”vada a mangiare da chi ha studiato e non la annoia cercando di coinvolgerla” … Benvenuto COVID 19 è poi la ciliegina sulla torta!! si vergogni almeno un po’.

  11. Le consiglio vivamente di coordinarsi con un commercialista per avviare l’attività. vedrà che disciplinerà la sua attività in modo da darle modo di avviarsi e svilupparsi in modo strutturato.

  12. Assolutamente si! La scelta del commercialista deve essere u passo che si colloca prima dell’avvio dell’attività. Con lui dovrà studiare quali sono le scelte più idonee per l’avvio e la gestione della sua attività, anche nell’ipotesi in cui trattasi della preparazione di corsi di cucina on line o la vendita di merende a casa. Avviare un’attività insieme ad un professionista la mette al riparo da sanzioni e la disciplina in una gestione razionale della sua attività che le tornerà utile per il futuro.

  13. Salve ,in sostanza per aprire un home restaurant cosa devo fare? Io ho l’haccp..il sab lo devo prendere? Mi consiglia di rivolgermi a un commercialista?

  14. Molto meglio una cena in casa con alimenti di sicuro più ricercati e cucina condivisa con gli ospiti ad un prezzo sicuramente più competitivo….una passione in piccolo …cucinare per 50 € a persona massimo 100€ io farei dei miracoli….senza impegno e senza continuità…ogni tanto…senza portare via i clienti a nessuno…

  15. E io che faccio il cuoco da un po’ di anni non potrebbe essere una soluzione interessante per vivere più tranquillo ma guadagnare qualcosa?

  16. Come sempre ci si arriverà, ma ci impiegheremo del tempo. Associazioni e contro associazioni diranno la loro e premeranno per impedirlo. Dall’altra parte ci saranno i texani dell’home restaurant che organizzeranno la qualsiasi in nero per poi tra qualche anno vedere finalmente che sarà partorita un’idea che consenta di coniugare la sicurezza e l’igiene per il consumatore che sono la prima cosa, la libertà di iniziativa imprenditoriale che è un principio sacrosanto del nostro ordinamento e infine anche…..la tutela delle posizioni dei ristoratori che non vogliono vedersi invadere il mercato da tanti aspiranti concorrenti. A mio modesto avviso resta sempre quanto detto nei precedenti commenti. L’home restaurant può configurarsi come un’attività alternativa, il tetto dei 5 mila euro è troppo basso e la normativa HCCP deve essere seguita ad un costo contenuto. In tal modo si creerebbe indotto per i corsi di formazione, aumenterebbe il livello di scolarizzazione ed il ricorso a corsi di cucina. Non credo che i ristoratori potrebbe venire danneggiati da questo perchè il livello e l’atmosfera che si respira in un ristorante è diversa da quella di casa e sono due concetti di cucina diversi

  17. Capisco il suo punto di vista ma non può nemmeno impedire di iniziare un’attività a chi lo vorrebbe fare. Personalmente sono uscito due giorni e in sequenza ho visto lievitato prezzo della pizzetta da 3 euro a 4,5 euro anche con un certo disappunto quando ho aspettato, senza pretenderlo, che mi facesse lo scontrino (non l’avrei chiesto ma aumentare un prezzo del 50% un pò mi indispettisce e quel punto aspetto lo scontrino) e anche in alcuni negozi sentirmi dire che non hanno il bancomat.

  18. Non mi risulta estremamente chiaro, in sintesi, che bisogna fare per organizzare cene a casa propria a pagamento. È un po’ fumosa la cosa, ma credo sia una delle cose più interessanti questa degli home restaurant perché permette di assaggiare cose tipiche senza gli artifici dei ristoranti o senza spendere un mondo perché mangiare veramente bene, oltretutto credo sia una buona occasione per permettere ai tanti disoccupati di guadagnare qualcosa. Condivido la questione dell’haccp per igiene e sicurezza.

  19. Ennesima legalizzazione del commercio abusivo. Ennesimo errore dello stato che non impone l’apertura di una partita iva seppur semplificata. Pure con un tetto di 5mila euro, sono cmq soldi tolti a chi fa questo di mestiere combattendo per strada tutti giorni soprattutto di questi tempi.

  20. Ennesima legalizzazione del commercio abusivo. Ennesimo errore dello stato che non impone l’apertura di una partita iva seppur semplificata

  21. Ora come in tutte le cose naturale mente la preparazione paga. Non è un caso se chi studia emerge, se chi approfondisce migliora. Stiamo scoprendo l’acqua calda. Ma è pur sempre vero che stiamo parlando anche di doti innate che possono creare piatti anche con meno preparazione. Tuttavia sul medio e lungo periodo se non studi non vai molto lontano. Diciamo che per come siamo messi in questo periodo al ristorante si andrà poco, è innegabile, almeno fino a quando non saremmo riabilitati mentalmente a convivere con uno dei tani virus che caratterizzerà la nostra esistenza. Non sarà l’ultimo ed il mondo anche questa non finirà…sempre l’asteroide non faccia inversione a “U”

  22. Meglio andare al ristorante e pagare che andare a casa di ‘amici’ e pagarli per un pistto di chissà che senza le giuste competenze hccp. Non comprendo tutte queste stronzate ‘social’. Bisogna dare ad un’attività la giusta collocazione e non far diventare mentecatti esaltati in cuochi quando ci sono persone che hanno studiato e fatto la gavetta prima di diventare cuochi. Rincoglionimento contemporaneo di imbecilli ossessionati dell’aggregazione. Benvenuto Covid19

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