Aggiornato il 24 Agosto 2023
1. Scegli il CCNL più adatto alle necessità della tua azienda
Un errore che spesso commettono gli imprenditori italiani, forse perché concentrati su altri fattori, è quello di non scegliere il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (anche detto CCNL) da applicare. In questo modo rinunciano ad una facoltà garantita dalla legge e spesso aggravano i costi di bilancio.
I CCNL sono molteplici, ma si dividono sostanzialmente in contratti di origine sindacale e contratti di origine datoriale. Chiaramente, i secondi sono più favorevoli all’imprenditore che li potrà applicare al ricorrere di due fondamentali requisiti:
- Il CCNL applicato deve essere riconosciuto quale maggiormente rappresentativo.
La questione non è di poco conto. Infatti, la scelta del CCNL determina un parametro retributivo che diviene base imponibile contributiva.
La Costituzione Italiana[1] sancisce il principio di libertà di organizzazione sindacale.
Sul punto, a ben vedere, la Legge[2] prescrive che: “La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
Sul concetto di maggior rappresentatività, soprattutto se valutato alla luce della predetta garanzia costituzionale, dottrina e giurisprudenza hanno investito fiumi d’inchiostro. Per tale motivo è quanto mai fondamentale approfondire ogni singolo caso. Non ve n’è uno uguale all’altro.
- L’azienda deve essere iscritta all’associazione sindacale promotrice del CCNL applicato. Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito: “(…) i contratti collettivi di lavoro non dichiarati efficaci “erga omnes” ai sensi della legge 14 luglio 1959 n. 741, costituendo atti di natura negoziale e privatistica, si applicano esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti, ovvero che, in mancanza di tale condizione, abbiano fatto espressa adesione ai patti collettivi e li abbiano implicitamente recepiti attraverso un comportamento concludente, desumibile da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti (vedi Cass. 8/5/2009 n.10632). Ne consegue che, ove una delle parti faccia riferimento, per la decisione della causa, ad una clausola di un determinato contratto collettivo di lavoro, il giudice del merito ha il compito di valutare in concreto il comportamento posto in essere dal datore di lavoro e dal lavoratore, allo scopo di accertare, pur in difetto della iscrizione alle associazioni sindacali stipulanti, se dagli atti siano desumibili elementi tali da indurre a ritenere ugualmente sussistente la vincolatività della contrattazione collettiva invocata”.[3]
2. Quali sono le conseguenze della scelta del CCNL da applicare?
- Il CCNL scelto deve essere applicabile all’ambito di attività in cui opera l’azienda ed essere applicato, indistintamente, a tutti i lavoratori dell’azienda. Non possono essere fatte distinzioni di qualifica e/o mansione.
- Il CCNL scelto deve essere l’unico applicato e deve essere applicato in toto. Sul punto la Suprema Corte ha più volte ribadito che “l’applicazione spontanea e costante nel tempo di numerose e significative clausole del contratto collettivo non comporterebbe l’adesione al contratto stesso nella sua globalità, ma implicherebbe comunque l’applicabilità delle clausole legate da un nesso di inscindibilità con quelle osservate spontaneamente”.[4]
3. Qual è l’errore più comune che commette un imprenditore nell’avviamento di un’azienda?
La mancata scelta del CCNL da applicare è sintomo sentinella dell’errore che l’imprenditore ha commesso nella scelta del Consulente del Lavoro cui affidare le sorti della propria impresa. Solitamente, la mancata ponderazione del CCNL da applicare porta con sé altri errori che scaturiscono da una deficitaria consulenza del lavoro. Chiaramente, non dipende quasi mai dal consulente a cui ci si affida quanto dal tipo di servizio che gli viene richiesto.
Quando un imprenditore avvia un’azienda e inizia ad assumere personale generalmente chiede ai consulenti del lavoro interpellati quanto gli costerà la loro consulenza. Nel centro e sud Italia, soprattutto, si tende a chiedere il costo del singolo foglio paga, chiedendo al professionista interpellato un prezzo “all inclusive”. Non c’è errore più grande!
Il Consulente del Lavoro non è un mero produttore di fogli paga! Come dice il termine stesso è un “Consulente”, quello che l’imprenditore gli corrisponde non dovrebbe essere il mero prezzo della compilazione del foglio paga, ma – soprattutto – il prezzo per:
- la consulenza nella scelta del CCNL da applicare;
- la consulenza sulle categorie di soggetti da prediligere in fase di assunzione per godere di sgravi e benefici contributivi;
- la consulenza circa la redazione di contratti di lavoro individuali – ormai divenuti veri e propri fascicoli;
- la consulenza circa le modalità più efficaci per la rilevazione delle presenze;
- la consulenza in materia di gestione dei rapporti di lavoro;
- la consulenza circa la destinazione dei TFR e dell’eventuale TFM per l’amministratore;
- la consulenza in materia di ideazione e attuazione di welfare aziendale;
Posto che il costo per il personale è una delle voci che maggiormente impattano sul bilancio di un’azienda e che una buona consulenza può far risparmiare anche il 10 – 15 % dei costi complessivi, ridurre la selezione del Consulente del Lavoro ad una gara al ribasso sul singolo foglio paga è il modo peggiore per avviare un’attività.
Se l’errore fosse già stato compiuto, non disperate! Con l’assistenza di un buon avvocato è possibile rettificare la maggior parte degli errori commessi, anche attraverso strumenti quali conciliazioni sindacali e accordi collettivi di secondo livello.
Da oltre dieci anni assisto aziende italiane che hanno compreso come la consulenza possa divenire un essenziale bene strategico da acquisire. Con i miei “angeli custodi” – commercialista e consulente del lavoro – guidiamo l’imprenditore in tutta una serie di scelte che, alla luce delle nozioni rappresentate, non potranno che apparire semplicemente logiche quanto innovative rispetto allo stato dell’arte in Italia. Queste scelte abbattono i costi e massimizzano i profitti delle aziende, liberando l’imprenditore da tutta una serie di incombenze che limitano la sua capacità di attrarre affari.
[1] Art. 39 Cost.;
[2] art. 1, comma 1, D.L. 9 ottobre 1989 n. 338 conv. in L. n. 389/1989;
[3] Cass. 22367/2019;
[4] Cass. 21302/2005;